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NOTIZIE

10 Giugno 2025

CONFIMI EDILIZIA SOTTOSCRIVE IL RINNOVO DEL PROPRIO CCNL

Rivolto alle imprese edili artigiane e delle Pmi industriali edili e affini

Si sono concluse positivamente le consultazioni per il rinnovo del CCNL relativo ai dipendenti delle imprese edili artigiane e delle piccole e medie imprese industriali edili e affini. Confimi Edilizia ha sottoscritto il rinnovo assieme a Federcepicostruzioni Finco e Federterziario, per parte datoriale, e con UGL e Ceuq per la parte sindacale. Con l'assistenza tecnica dell'Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro. Per il presidente di Confimi Edilizia Sergio Ventricelli "si tratta di una conferma ampiamente prevista, in considerazione degli eccellenti rapporti tra le parti, su cui costruire il benessere delle nostre imprese".

ULTIME NOTIZIE

20 Ottobre 2025

VENTRICELLI: “PROTEGGIAMO E VALORIZZIAMO LA LIBERTA’ DI IMPRESA”

Confimi Edilizia torna a riunirsi a Roma, con altre importanti sigle datoriali

Confimi Edilizia torna a riunirsi a Roma, con le altre sigle datoriali (AIPE, CEPI e FEDERCEPI, COLAP, CONFIMPRESE, FEDAPI, FEDERTERZIARIO e FINCO) con cui ha sottoscritto la nota inviata al alla Commissione 9a del Senato della Repubblica, in merito alla legge annuale sulla concorrenza, per valutare l'ipotesi di aggiungere un articolo 10 sulla libertà associativa. "L'obiettivo - sottolinea il presidente di Confimi Edilizia Sergio Ventricelli - è che in Italia si torni a valorizzare l'associazionismo d'impresa libero, contestando quindi le associazioni, le federazioni e le confederazioni che prevedono nei loro Statuti il divieto per i propri soci di aderire ad altre compagini associative". Il gruppo di lavoro, tornerà a incontrasi il prossimo 20 novembre, per valutare nuove azioni congiunte.

26 Settembre 2025

LEGGE ANNUALE SULLA CONCORRENZA. CONFIMI EDILIZIA SCRIVE AL SENATO

Ventricelli: "Con Finco, per aggiungere un articolo 10 sulla libertà associativa"

Confimi Edilizia, assieme ad altre sigle datoriali, ha deciso di supportare l'iniziativa di Finco, sottoscrivendo una nota inviata al presidente e ai componenti la Commissione 9a del Senato della Repubblica, in merito alla legge annuale sulla concorrenza, per valutare l'ipotesi di aggiungere un articolo 10 sulla libertà associativa. Qui di seguito il testo completo.
_ _Alla Spett.le attenzione del Presidente e dei Signori Componenti la Commissione 9a. del Senato della Repubblica. Con la presente, vi scriviamo in merito all’ oggetto per richiamare - per maggiore linearità e, confidiamo, effetto - l’attenzione di codesta Spettabile Commissione su un solo argomento condiviso da alcune Confederazioni ed Associazioni (tra cui FINCO) riportate in calce, facenti parte di un Gruppo di lavoro costituito sul tema della libertà associativa e connessa concorrenza. Nel 2011, proprio il giorno successivo all’emanazione della Legge “_Norme per la Libertà di Impresa. Statuto delle Imprese_” (Legge 11 novembre 2011, n. 180) è stata introdotta nell’ordinamento italiano la disciplina delle Società tra professionisti (Stp) con l’articolo 10 della Legge 2011, n.183, al fine di consentire ai professionisti iscritti ad Albi, Ordini o Collegi di esercitare la loro attività in forma societaria, anche multidisciplinare, su segnalazione dell’Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza. Tale normativa è condivisibilmente volta a porre rimedio ad una situazione che ha nel tempo determinato ingiustificate limitazioni della concorrenza in quel settore, ostacolando la possibilità per i professionisti di scegliere l’organizzazione e la compagine societaria ritenuta più consona alle proprie esigenze. Riteniamo che sia ora divenuto assolutamente necessario affrontare il tema della libertà associativa per imprese e professioni, nell’ambito della propria rappresentanza. Si tratta di argomento suscettibile di creare disparità e danni - reali (e già concretizzatisi) nonchè potenziali - alla vicenda dei rapporti associativi nel nostro Paese e quindi alle imprese, laddove determinate ed importanti Organizzazioni, talvolta anche in posizione dominante, adottano comportamenti del tutto restrittivi della libertà di scelta associativa e, quindi, della concorrenza (che esiste anche in ambito associativo, con vantaggio delle imprese e dei professionisti). Una effettiva tutela della libertà associativa sarebbe inoltre pienamente coerente con gli indirizzi già espressi in ambito europeo e nazionale. Il conclamato divieto statutario, e/o comunque di fatto, ad una contemporanea adesione ad altri soggetti associativi comporta peraltro una imprecisabile ma certamente ragguardevole casistica di inibizioni silenti, di alcune delle quali si è avuto riscontro da parte delle Scriventi a più riprese. Di altre non si hanno - e non avranno prevedibilmente mai - le prove pur nella certezza che tali rinunce, imposte quanto celate, siano molto più numerose di quelle palesate. Non sfuggirà come quanto sopra possa configurare uno scenario inquietante anche sotto il profilo dell'influenza sulla politica industriale nel nostro Paese e della conseguente concentrazione dell'attività lobbistica in particolar modo su quei temi riguardanti le aziende a controllo pubblico o con partecipazione pubblica di riferimento (che sono ormai da tempo - con l'uscita di Fiat/ ora Stellantis e di Luxottica da Confindustria - di gran lunga le principali contribuenti di quel sistema: Gruppo Enel, Eni e collegate, Leonardo, Poste, Ferrovie, Fincantieri, Rai, etc…senza contare molte aziende “municipalizzate” locali). Si veda, solo per fare un esempio, il caso delle plurime (oltre 400) adesioni di Enel a Confindustria e di altre aziende a carattere pubblico, non solo alle Associazioni di categoria di “mestiere” ma a tutte le Associazioni provinciali confederali. Le aziende citate versano da anni, annualmente, svariati milioni di euro ad una Confederazione connotata dalla circostanza di non consentire ai propri Soci l’adesione ad altri soggetti associativi. Anche grazie a questi rilevantissimi apporti economici e di consistenza numerica si è in condizione - sia consentita l'analogia con il mondo delle imprese - di permanere in, e di abusare di una posizione dominante. Inoltre, parlando in termini generali, se anche i più grandi ed influenti soggetti “disertano” la PMI ed aderiscono “in blocco compatto” ad una Confederazione che è governata, di fatto, dai grandi Gruppi , vi è un problema (lobbistico di rappresentanza di interessi) di carattere industriale, non solo associativo, per il mondo delle PMI, sempre blandito a parole ma altrettanto mortificato nei fatti. Sono illuminanti le posizioni prese negli ultimi tempi in relazione ai cosiddetti “extra-profitti” bancari e delle società energetiche (Eni, grande contribuente di Confindustria…), posizioni in assoluto contrasto con gli interessi delle PMI che, sarà bene ricordarlo ancora una volta, costituiscono la quasi totalità delle imprese italiane. Andrebbe quindi sottolineato che le preclusioni statutarie di cui trattasi ( è sufficiente una lettura del relativo articolo statutario di Confindustria, ripreso, per obbligo, in tutti gli Statuti delle Associazioni aderenti a Confindustria – vedi all.) non sono in linea in termini generali con gli articoli 2 e 41 della Costituzione ed in termini particolari ed assai precisi con l’articolo 2 lettera a) e con l’articolo 3 punto 1) dell'allegata Legge 11 novembre 2011, n. 180 recante _"Norme per la Tutela della Libertà di Impresa. Statuto delle Imprese”._ La considerazione secondo cui se si sceglie un'organizzazione se ne debbono accettare le regole, non ha alcun pregio dacché uno Statuto o Regolamento associativo ha comunque rango assolutamente inferiore ad una Legge dello Stato ed in nessun caso tale Statuto o Regolamento può prevedere per gli iscritti obblighi che siano in contrasto con la Legge. Sotto questo profilo non possono che ritenersi gravemente contrastanti con le norme costituzionali e di legge, e conseguentemente inapplicabili, tutti quegli statuti che prevedano limitazioni alla libertà associativa tanto più quando, come nel caso dell’art. 6 dello Statuto allegato, vengono utilizzate diciture generiche e suscettibili di essere applicate ad libitum. Ma, c’è di più. Nel caso infatti di aziende partecipate pubbliche a livello nazionale o locale, si aggiunge il paradosso che trattasi di soggetti che traggono le loro risorse, o parte di esse, dal contribuente italiano, talché aderire ad una confederazione che pone vincoli di adesione delle aziende a realtà fuori dal proprio sistema sarebbe appunto, paradossale oltre che, necessariamente, contrario ai vari Codici Etici, di Trasparenza , di Non Discriminazione e di Condotta delle stesse Aziende, tutte dotate di consistenti Uffici Legali. Anche la invocata “motivazione” di non ingenerare confusione nella rappresentanza, può forse avere un senso quando parliamo di Soci effettivi (non aggregati) che aspirino a livelli apicali ( una candidatura a Presidente di Confindustria) ma non per tutti gli altri casi ed è, comunque, giuridicamente insostenibile. Abbiamo, sinora, omesso di enfatizzare questi aspetti onde non fornire all'esterno una raffigurazione di contrasto all'interno del mondo industriale, ma ora chiediamo con decisione che venga previsto in un articolo 10 aggiuntivo sull’argomento nell’ambito della Legge di cui trattasi ed appoggiamo assolutamente la segnalazione dell' Associazione AISES all’Antitrust (purtroppo al momento infruttuosa per quanto non ritenuta infondata da parte dell’Autorità che non ha colto il chiaro nesso tra la libertà associativa, non a caso prevista da norma dell’ordinamento italiano, e la tutela della concorrenza) poiché, nel tempo, la situazione dianzi descritta è andata persino peggiorando. È inutile cercare, lodevolmente, di cambiare la politica industriale italiana con Libri Bianchi e Verdi se poi l’interlocutore industriale è in condizioni di monopolio di fatto. Tale situazione si ripercuote su molti se non su tutti gli altri momenti della rappresentanza. Da Accredia ad UNI, dalla vicenda delle Casse Edili a quella, speriamo sventata, volta a consegnare al Formedil (Ente bilaterale Confindustria/Ance - Triplice) il monopolio sulla formazione in materia di Sicurezza del lavoro, dal Cnel ai Comitati Inps ed Inail, da Enea ad Ice. Anche in singolare ma sostanziale accordo con (l’apparente) antagonista sindacale, si tende ad applicare lo stesso schema ad _“excludendum”_ a tutto svantaggio non solo dei soggetti di rappresentanza “concorrenti”, ma soprattutto delle imprese dagli stessi rappresentate ed assistite. Ed in definitiva con svantaggio della vitalità dell’economia italiana tutta. I sottoscritti ritengono che non si possa barattare la democrazia e la competizione associativa con l’accentramento decisionale e rappresentativo in quanto sistema migliore per ottenere presto e senza noiose interferenze ciò che ci si prefigge. Ottenendo peraltro, da anni, l’effetto opposto sulla vicenda economica del nostro Paese. In conclusione confidiamo che i componenti di Codesta Spettabile Commissione Industria del Senato vogliano considerare l’ipotesi di aggiungere uno specifico dispositivo attraverso un aggiuntivo articolo 10, o in altra modalità ritenuta opportuna, che nel ribadire la libertà di associazione, inibisca la possibilità da parte delle aziende controllate dallo Stato o comunque dove esso - direttamente o tramite altri soggetti - detenga partecipazioni di rilievo e comunque di indirizzo, di versare contributi associativi di qualunque importo a imprese, Associazioni, Federazioni e Confederazioni che prevedano nei loro Statuti il divieto per i propri soci di aderire ad altre compagini associative. Sottolineando che qualunque eventuale clausola statutaria in contrasto in particolare con quanto previsto dal citato articolo 3, comma 1, _“Ogni impresa è libera di aderire ad una o più Associazioni” _dovrebbe essere considerata nulla.
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AIPE, CEPI E FEDERCEPI, COLAP, CONFIMI EDILIZIA, CONFIMPRESE, FEDAPI, FEDERTERZIARIO, FINCO.